Libri di Giovanni Papini

Il crepuscolo dei filosofi



Prefazione
Ia edizione
pp. 6-11
(6-7-8-9-10-11)


p.6


p.7


p.8


p.9


p.10


p.11



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È NECESSARIO LEGGERE
QUESTA PREFAZIONE




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Questo non è un libro di buona fede. È un libro di passione e perciò d'ingiustizia — un libro ineguale, parziale, senza scrupoli, violento, con- tradditorio, insolente come tutti i libri di quelli che amano e odiano e non si vergognano nè dei loro amori nè dei loro odi.
   Posso permettermi, questo cinismo intellet- tuale  in  quanto credo che  il  mio libro sia  ciò che   molti   altri,  più  sapienti  e  più  garbati, non sono: cioè un' opera di vita. Io non ho voluto fare  nè  una  storia della filosofia moderna nè una  serie  di  saggi  su filosofi moderni. Il mio libro non ha l'intenzione nè di informare i miei lettori  di  ciò  che  hanno  pensato  precisamente i  filosofi  di  cui  parlo nè di fare dei commen- tari dotti o delle interpretazioni rigorose delle loro filosofie.
     Questo libro è un pezzo, o un'insieme di pez- zi, di un'autobiografia intellettuale. È uno dei prodotti della mia liberazione da molte cose di cui  ho  sofferto - è  il tentativo, in ispecial modo,


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dí liberarmi dalla filosofia e dai filosofi. È, an- che, il testamento di un'epoca della mia attività dedicata soprattutto alla «polemica e all'assalto. Ha un valore, cioè, soprattutto personale; come una serie di confessioni indirette, come un se- guito di repulsioni e di avversioni che si mani- festano  a  proposito  di  dati uomini, presi come tipi  di  cose  e  d'idee repugnanti e nemiche. Avrà un  valore,  dunque, a seconda di quello che farò in seguito: se farò qualcosa di così importante che valga la pena di venir demolito, sarà un docu- mento  prezioso  della  mia vita spirituale di que- sti ultimi anni — se invece non arriverò a compiere quello che medito sarà uno sfogo che interesserà soltanto qualche compagno di cam- mino o qualche dilettante di anime.
    È un libro, insomma, il cui valore sarà se- gnato dal futuro.

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    Al di fuori di questo significato puramente individuale — che  mi  è  piaciuto affermare su- bito con la più chiara franchezza — questo libro può averne un altro, più generale, e, forse, più rappresentativo   di   certe   correnti  contempora-


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nee. È, come sarà facile accorgersene in fine, un processo della filosofia, uno sforzo per dimo- strare  tutta  la  vanità,  la  vacuità,  l'inutilità  e la ridicolaggine della filosofia. Ho voluto, in- somma,  fare  una 
liquidazione generale  di que- sto equivoco aborto dello spirito umano, di que- sto mostro di sesso dubbio che non vuol esser nè scienza nè arte,  ed  è un miscuglio di tutte e due le  cose  senza  arrivare  ad  essere uno strumento di  azione  e  di  conquista. Preso in questo senso il mio libro potrebbe essere il programma di una generazione di buona volontà: l'assassinio di un essere  inutile  per  preparare  nuove forme di at- tività mentali .più degne di animali che si chia- mano pomposamente i re della creazione.
  .Ma per fare questo processo ho preso la parte più viva e recente della filosofia, quella che corre anche oggi nelle scuole e nei giornali e che va dalla   fine  del  XVIII  secolo  ai  primi  del  XX. E invece di fare il processo alla filosofia in ge- nere, presa in astratto, l'ho voluta giudicare, as- salire,  aggredire  e  giustiziare  in  persona  dei suoi  maggiori  rapresentanii  dell'ultimo  se- colo, presi come uomini vivi e concreti e deter- minali.  E  li  ho  presi  a  uno  a  uno per il petto e li  ho  sbattuti  nel  muro  con  tutta la furia di  cui


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sono stato capace, senza riguardi e senza pietà. Ho cercalo di guardar bene negli occhi ciascuno, di scoprire la sua anima nascosta, il suo io più caro  e  ho  messo  alla  tortura  quelle  tre  o quattro idee che ciascuno di loro ha inventate o ha rese celebri e dopo averle malmenate ho cer- cato di gettarle via come inutili carogne.
      Davanti  ognuno  di  loro mi son sentilo co- me un nemico insaziabile, come un distruttore necessario e mi è parso che sbarazzata la strada dai loro enormi cadaveri e dalle loro fredde ombre avrei camminato meglio.
  A questo modo è venuto fuori un libro ch'è un massacro, un macello, una strage, un pubblico mattatoio. Mi son mostrato pieno di una volontà di uccidere, di annientare, di sbranare, di ac- coppare tale da far torcere tutti i musi dei le- gittimi mariti della storia seria, diligente e obiettiva.
  So benissimo, senza che me lo ripetano gli al- tri, che tutta questa foga ha nociuto alla solidità del libro. Sarebbe stata necessaria una maggiore preparazione, una maggiore cautela, una mag- giore freddezza. Il libro, forse, sarebbe riuscito più eficace. Ma avrebbe perduto certo quell'odore di   polvere   e   di  giovinezza,  quell'andatura  un


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po' spavalda e un po' donquijotesca che io amo tanto con grande mio danno.
    Così  com'è  venuto  fuori,  attraverso tre anni di Oigrizia meditabonda interrotta solo da qualche  serata  di  lavoro  furente,  mi  sembra non  del  tutto  indegno  di  quello  che voglio fare e  farò  in  seguito.  Per  questo mi son deciso a farlo stampare e son certo che ad onta dei di- sdegnosi silenzi dei filosofi altolocati e delle smorfie degli studiosi seri, ci sarà qualche scono- sciuto giovine amico che troverà in queste af- frettale pagine delle gioie e dei sentieri.


     Firenze, 21 settembre 1905.


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