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LA GRANDE CONQUISTA
Gli uni e gli altri vengono confusi nel nome di uomini.
Degli innumerevoli parla anche Leonardo: «....invero altro che un transito di cibo non son da essere giudicati, perchè niente mi pare che partecipino di specie umana, altro che la voce e la figura, e tutt'il resto è assai manco che bestia». In un mondo che è un Regno, gli altri pochi agili spiriti, innalzano la Vita sino al concetto supremo della Bellezza e anelano l'eternità. I primi sono inconsapevoli dei divini misteri che si ascondono nel mondo degli Eroi, e gli Eroi guardano appena, sdegnosi, il covile degl'innumeri. Per costoro esistono il destino invincibile e le passioni animali: non ànno cielo, non raccolgono fiori, non camminano: essi attendono brutalmente la morte. Sono dei poveri.
E povere sono tutte le razze che hanno popolato e invadono il mondo. Povere perché mai giunsero ad un'aspirazione alta, tale da considerarla ideale di vita. A loro fu donato qualche sogno, qualche bel sentimento. Dell'uno e dell'altro conservano l'ironia del nome, ma distrussero inconsapevolmente entrambi.
Le loro stesse moderne aspirazioni che dovrebbero segnare un cammino, sono fatalmente materiali. Vogliono camminare fra idee, influire su esse, spingerle, ma sono le loro piccole idee che li trattengono. Perché se osserviamo bene, ciò che si agita pazzamente sovra loro, ci è facile conoscere che più che pensieri, sono istinti che urlano, ombre che minacciano. Ma gli altri assai posseggono; e la Vita, questa divina conquista che per comune inganno pare tocchi ogni cosa, è concessa unicamente a loro poiché essi la crearono sopra l'esistenza.
I mediocri sono nati nel cuore della notte bassa; gli Eroi coll'alba liberatrice ànno veduta la Vita e il Sole, quel sole che seguono idealmente nella parabola di esaltazione.
Dicono gli uomini vinti dalla malinconia: «Com'è noiosa la vita!» Che intendono essi? Forse credono vivere, forse vi aspirano? Io non lo penso. Confondono. E confondono la più meravigliosa conquista colla più volgare espressione della natura: la Vita coll'esistenza. Le quali stanno in relazione come la materia al pensiero; l'una inferiore realità del mondo, l'altra superiore espressione che s'innalza sopra la materia come il cielo sopra la terra.
Quanti mai uomini vide il tempo nascere, scomparire? Io penso all'infinita ed infinibile schiera degli innumerevoli. Passati e passanti in una ridda miserevole e terribile agitarono ed agitano la loro notte eterna, senza mai varcare la soglia della vita.
Dissi che pochi sono gli spiriti, ma per noi essi hanno significazione bastevole. Pel nostro desiderio di tradizione e di trasformazione cì basta il loro cielo, perché invero noi teniamo unicamente al nostro valore e ci piace che maggiori siano le cose foggiate dalle nostre mani, di quelle che altri ci porge per l'arricchimento.
I sopravvissuti, sono, e noi li rendiamo, ogni giorno più grandi, più vivi. Hanno l'età dei millennii e pare siano capaci di sfidare l'eternità. Una cosa è certa: essi sfidano e vincono la morte che avvolge i piccoli. Dei quali non parlerò più, o solo per necessità, volendo io occuparmi della Vita.
Egli asservisce le passioni che sono veicolo di morte. Non riconosce condanne ataviche e cancella le ombre morali che offuscarono il suo pensiero e doma il suo stesso sangue irrequieto. Se in lui permane qualche voce straniera, qualche fascino ingannatore, se ode il blando richiamo di qualche cosa lontana, pensa che vana è la malia dei suoi nemici. Egli non ignora: sopra ogni cosa sta la Vita. Ella è si ricca e bella Regina che si adorna di pensiero e di arte. L'uno e l'altra sono i suoi dolci amici. La segue da lungi un'umilissima vassalla, di cui vorrebbe fare a meno: l'esistenza, femmina oscurae volgare.
Egli sa ancora che il mondo dei piccoli è uno stagno in cui questi si dibattono disperatamente, brutalmente.
Sa che nessuno, o quasi, cerca di guadagnare una riva, persuasi tutti che solo entro la terribile pozzanghera è possibile la vita. Invece ivi è faticosa anche la semplice esistenza.
Ma chi guadagna una volta una piaggia e s'inoltra per la libera natura, nella sacra solitudine e nel divino sogno, più non pensa a un ritorno nel vortice. S'inoltra, beato di sua ventura e canta e canta obliando. Egli insegue così il sogno, non per farne realtà ma per entrare sempre più nei suoi dominii e per non perderlo. E non solo egli vuole il sogno - cosa ugualmente o forse più alta lo urge.
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Creare fantasmi, giardini d'una ricchezza favolosa, cieli meravigliosi, donne d'una beltà non mai veduta, fatti ideali, è di poeta audace, ma l'uomo quando à un sogno, una rivelazione, un baleno, una folgore vuole che le sue mani aiutino l'opera di beatitudine. E le sue mani sono dei nobili strumenti di cui egli, artista, poeta, filosofo usa per fermare le fuggevoli forme e le ombre. Questo suo bel giuoco gli serve a trasformare i suoi sogni, poiché l'opera del suo spirito è bellamente imperfetta, poichè l'opera delle sue mani non è fedele. Egli diviene così più signore: profondo ed esteriore in un tempo.
Possiede una bella ricchezza d'immagini e dì pensieri che se esprime colla voce o coi meravigliosi istrumenti da lui creati fa della musica ed aggiunge di un canto insolito e incantevole il silenzio alto — se coi pennelli o col marmo, crea delle opere per i templi e pei giardini. Egli porta e lascia la sua ricchezza ovunque. Corra, corra quest'uomo cantando, cantando sempre, corra alla ventura nel giardino trovato - la sua anima canti anche come la tempesta. Egli, sfinge singolare, veglia le notti misteriose del pensiero e medita e tacitamente indaga coll'occhio pensoso le tenebre che circonfondono e attende sicuro la rivelazione. Ella giunge col mattino illuminante.
Le insidie vili non gli mancano, ma che può temere colui che liberò il suo spirito, colui che sempre accende il suo pensiero?
Io penso che quest'uomo straordinario che vince ogni nemico e s'allontana da ognuno esista più nelle nostre aspirazioni che in noi.
Ed è giusto poiché egli è il divenire e che sia tale lo dice il fatto per cui alcunchè di sua ricchezza giunge continuamente alla nostra dovizia.
Il mondo da quando fu rivelato ed il pensiero e l'arte l'arricchirono di beatitudini è tutto degli Eroi. Ed essi possono calcolare la loro vita quale infinitamente ricca avendo cooperato ad essa tutta la vita universale passata. Fanno ridere í poveri che parlano della brevità di nostro vivere e se ne dolgono. Ma la vita di un giorno può essere grandissima, circonfondersi dell'essenza di quella di secoli e millennii, ricca prodigiosamente di pensiero, di azione e di bellezza; può lasciare di sè grandissima luce ed essere di fronte al tempo insignificante un giorno solo. Io immagino come sarebbe terribile la condanna di un uomo destinato a sopravvivere secoli e millennii — esistere milioni di giorni di tedio inesorabile, e avere qualche rara volta un bagliore fuggevole di vita. L'esistenza passata va trasformando nel ricordo che la spreme onde ricavarne succo: la parte vitale. Ogni piccola vicenda, ogni fatto muore; rimane invece qualche sublime idea, qualche grande azione, qualche opera immortale per le quali tratto s'illuminò di baleni prodigiosi il quotidiano tedio. Resta così la storia, che io chiamerei leggenda e pel tramite della quale ci è dato tuffarci nel passato, visitarne i giardini, aggiungervi meraviglie e farne ornamento di nostra gioia. A noi piace vivere così, al di fuori della vita sofferta, scegliendo qualche sua più bella e libera apparenza. Per noi la vita non sta in sè stessa; consiste nel nostro desiderio, nella nostra ricerca. Si, vogliamo sognare, sognare e desiderare sempre e correre col sogno e col desiderio.
O uomini udite voi la voce del nostro entusiasmo ; udite voi nostro credo? Vi irrita il nostro canto? eppure egli ci riempie di gioia.
Qualcuno lo ascolta estasiato?
Bada a te, uomo che ascolti, «Il nostro canto è come di Sirene, canto ingannatore.»
Ma diranno: Occorre, o metafisici, che diciate come intendete l'uomo superiore. Ci avete parlato di sogno e persino d'inganno, di esistenza e di vita. Noi a quale delle due apparteniamo?
Risponderanno: Chi siete? Noi, non conoscendovi, non potremmo dire se vivete o esistete solamente. Studiatevi; noi facemmo già questo esame personale. Fate altrettanto. Però badate a la difficoltà — ella non è piccola.
L'uomo che prediligiamo non assomiglia ad alcuno, odiando egli le rassomiglianze — batte una strada tracciata da solo, liberamente; ama tante cose perché à un'anima ardente, vivissima. L'esame degli uomini non lo rese pessimista ma lo lanciò tanto alto che deve chinare il capo per vedere altrui. Ama le cose che liberano. Non entra nei giardini come un ladro per fuggire poi. Io l'ò veduto creare d'arte ammirabilmente, l'ò inteso parlare e ne son rimasto incantato. Per lui ò vedute nelle cose visibili le cose invisibili. Le popolava così con delle parole ed io le vedevo arricchirsi delle sue creazioni ed egli donava, donava senza chiedere mai.
Dirvi di lui più a lungo, farvelo vedere non è possibile che a un solo patto - additarvelo. Però vorrei sapere da voi se siete abituati a distinguere. Quest'uomo si riconosce dagli altri per una luce propria, inconfondibile. Guardatelo: egli cammina colla sua ricchezza, la quale aumenta quanto più per lui diminuisce quella degli altri Eroi.
Voi mi parlate di conduttori di popoli, di sollevatori d'idee umanitarie, di volgari speculatori, di scaltri politicanti, di cinici, di scettici; e ci dite: «Questi sono gli uomini superiori che agitarono in vario senso la vita» E possiamo in questa insufficiente manifestazione dell'essere, trovarci d'accordo con voi se però non si parla di vita. Per noi l'uomo vivo è l'artista. il poeta, il filosofo, tutti coloro che creano non per fatalità, per necessità materiale, coloro che creano per lo spirito, serenamente, e che nelle manifestazioni inferiori rimangono impassibili.
Per noi i fatti generati dal ventre, dall'odio alla sferza, dalle liberazioni animali, fanno parte della necessità, sono modi di difesa aventi lo scopo di salvare la nostra esistenza. E tutto si ferma li. Liberarsi da alcuni nemici armati di lancia, è poca cosa. E le liberazioni interne? Le pensano gli uomini che si plagiano a vicenda? Pensano a ritrovare la loro personalità? Noi pure siamo come esseri esistenti soggetti ai nemici materiali. Come qualungue altro uomo siamo obbligati alla lotta — noi pure soffriamo di molte volgari necessità. Non uomini che vivono di soli sogni, sventuratamente no. ma almeno non proclamiamo le necessità brute atti di vita.
Se talora nella lotta comune nella quale è tratto a far parte il nostro essere, alziamo le mani per difenderci plauso corona una nostra azione qualunque, audace o bella che sia, di liberazione materiale, noi non diciamo di aver compiuto atto di vita. Che gli atti di vita sono fatti per noi, e fuori di ogni imposizione.
Ai dissimili il diritto dell'esistenza; d'ogni lotta per questa inferiore realità; a noi, e questo altamente proclamiamo, quello alla vita.
Largo a chi non tocca o teme.
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