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Chi sa se la nostra logica non sia una
forma transitoria del pensiero
E. BOUTROUX.
Discorso inaugurale del Congresso
Internazionale della Filosofia, 1900
Poichè gli eufemismi non mancano mai all'uomo per rendere meno amara la vita, accarezzarne le vigliaccherie, massimizzarne le impotenze; le donne brutte definirono ciò che le preservava da l'essere infedeli una fortezza mentre era una prigione; la logica sembrò ai pedanti il paradiso delle intelligenze e il Buon senso ricompensò gli imbecilli dell' ingegno non largito da matrigna natura. Eunuchi, preti e donne senza cortesia, esseri esclusi da l'amore per natura, per legge per rifiuto altrui, furono quelli che ne diedero la legislazione; poiché non si può legalizzare e regolare e classificare se non ciò che è morto e lontano da noi; non esistono vivisezioni di cose morali. Le necessità pratiche della vita sociale, la mancanza di immaginazione, la incapacità di analisi psicologica ed altre impotenze ed altre povertà di vita e limitazioni di pensiero hanno fatto della logica l'idolo cosciente e il fondamento inconsapevole e inconscio di ogni mente comune.
Servirsi della logica per diminuirla dell'impero che ha sulle nostre menti, negarla senza rendercela aliena, di padrona imperiosa farla schiava obbediente e di necessità del pensiero pura possibilità di ragionamento, spezzarne i muri, uscir fuori delle sue rotaie per aprirsi una via verso conoscenze più vaste e più libere, inalzarsi tanto da scorgerla sotto di noi immiserita dalla distanza, nebbiosa per la bassezza, e contornata come un piccolo regno da vastissimi imperi, è cosa che mi tenta.
Nè è illogico; scriveva giustamente agli avversari suoi Luigi Venillot polemista cattolico: «io chiedo ai vostri principii quella libertà che in nome dei miei vi nego ». Così io che faccio professione di Sofista potrò deridere e rifiutare come non valida ogni accusa direttami in nome della logica, e nello stesso tempo giovarmene per rimproverare agli avversari ogni scarto che pretendano fare alle sue regole; le contraddizioni non proveranno nulla contro di me, ma faranno invece rovinare ogni castello che il nemico voglia inalzarmi contro. Essenza della sofistica è infatti — tolto via il pensiero da ogni determinazione o fatto storico, e da ogni tentativo di teoria sul passato — il liberarsi dal fantasma della Ragione con l'impossessarsene e col renderlo al giogo cosciente dei sentimenti; il Sofista non
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si preclude la via della logica: egli può regnare su di essa, per quanto padrone di altre più vaste contrade.
Così accade all'Egoista che mentre può rimproverare all'Altruismo di non essere che una larvata preoccupazione dell'io, non può essere accusato di quello che è suo sistema palese. Ciascuno va giudicato secondo la propria legge; e peggio per chi la scelse tale non esser capace di seguirla.
Non mancherà l'osservazione che Illogicità ed Egoismo sono abiti assai comodi; di corta vista, sarà l'osservatore; perché a molti sarebbero di impaccio; in verità non esistono vie facili o difficili, ma solo adatte o disadatte. Gli schiavi di cui parla Erodoto erano ben degni della frusta se al solo sentirne il rumore curvarono di nuovo la schiena di fronte ai padroni; così vana è l'opera di chi vuole ai popoli dare la libertà: giacchè sempre hanno mostrato bisogno del'autocrate: sia a una legge, a un aristocrata o a un demagogo, sempre hanno obbedito a qualcuno.
Tre fra le più comuni opinioni intorno alla logica io esaminerò qui; opinioni che meglio direi fondamenti incosci e presupposti sottintesi di ogni ragionare comune. Si pensa infatti che conoscenza non sia, se non logica, e come tipo di certezza e come ideale di sapere si designano le matematiche; — si crede nella vita di agire spesso per motivi ragionati e si stima di più l'azione che è più razionale; — si ritiene la logica unica ed eterna, cioè accetta a tutte le menti degli uomini ed immutabile.
Contro a queste credenze io sosterrò: che esistono conoscenze al di fuori della logica, ed accennerò al fatto che molti matematici ritengono la propria non scienza ma linguaggio delle scienze; — che si agisce assai più spesso di quel che non si creda senza motivi logici, e che ci sono anzi fatti tali da farci dubitare che noi non operiamo mai razionalmente; — e che noi infine possiamo concepire la possibilità di logiche diverse da quella presente. —
L'uomo ha il potere, e in altissimo grado, di determinare coscientemente e ad arbitrio i punti di vista da cui osservare le cose; ad ognuno di questi corrisponde una serie di verità o piano di conoscenze, indipendente per i presupposti e regole logiche, per i fondamenti sentimentali, da gli altri; la cosa appare chiara nelle scienze che per la loro precisione ci mostrano assai bene l'opera dello spirito umano e ci appaiono come una sua costruzione intesa a raccogliere, classificare, riassumere le conoscenze sulla realtà detta esterna; le convenzioni geometriche a tre dimensioni dan luogo ad una geometria Euclidea: le convenzioni invece a due, a quattro, ad n dimensioni producono altre geometrie non Euclidce; la fisica conosce il mondo attraverso la concezione di atomi e di forze; l'astronomia basa i suoi calcoli, le sue scoperte, le sue previsioni sul presupposto della propazione rettilinea della luce; e così via. Uno stesso oggetto può essere studiato da varie scienze, ma cambiando aspetto in ciascuna di esse per influenza del punto di vista da cui è considerato; un raggio dì luce è oggetto dell'ottica come vibrazione dell'etere, della fisiologia come modificazione chimica della retina, della psicologia come pura sensazione. —
La logica comune non ha valore che in quei campi di conoscenza ove predomina lo spazio e la quantità, ed soltanto fin dove si possa parlare di spazio e di quantità; essa cioè ha un valore massimo nella vita sociale, e nelle scienze, soprattutto nelle più astratte, schematiche e lontane dalla realtà. Vi sono dei piani di conoscenza da cui la logica è esclusa, e in cui l'introdurla significa errore assoluto. Io parlerò qui della psicologia introspettiva che ho più coltivato o meglio vissuto; ma il poeta potrebbe dire della fantasia, e le anime religiose e le mistiche potrebbero forse, se il linguaggio non fosse d'ostacolo, svelarci nuovi mondi e conoscenze a noi ignote.—
Le parole stesse di H. Bergson nel suo Saggio sui dati immediati della Coscienza mi serviranno a mostrare che !a logica non può servire per la conoscenza della psiche. «Se qualche abile romanziere, stracciando la tela abilmente tessuta del nostro io convenzionale, ci mostra sotto questa logica apparente un'assurdità fondamentale, sotto questa giustapposizione di stati semplici una penetrazione infinita di mille impressioni diverse che hanno già cessato di essere nel momento in cui vien loro dato nome, noi lo lodiamo di averci conosciuti meglio di quel che non ci conoscessimo ... Egli ci ha fatto sospettare la natura straordinaria e illogica della nostra psiche; ci ha invitati alla riflessione mettendo nella espressione esterna qualche cosa di questa contraddizione, di questa penetrazione mutua che costituisce l'essenza stessa degli elementi espressi. Incoraggiati da lui, noi abbiamo sollevato per un istante il velo che noi frapponevamo tra la nostra coscienza e noi stessi». (p. 100-101) E più oltre: «Se scavando al disotto della superficie di contatto fra il me e le cose esterne, noi penetriamo nelle profondità dell'intelligenza organizzata e vivente, noi assisteremo alla sovrapposizione o meglio alla fusione di molte idee, che, una volta dissociate, sembrano escludersi sotto forma di termini logicamente contraddíttori» (p. 103). Ecco dunque uno psicologo che nega nella coscienza profonda l'applicazione del principio di impenetrabilità, principio, si noti bene, logico e non sperimentale; e che scopre l'esistenza di realtà che non possono adattarsi alle piccole schematiche e geometriche forme della logica. Il divenire continuo, la novità assoluta di ogni istante della coscienza escludono da essa il principio di identità, tipo del perfetto intelligibile logico. La contingenza di ogni stato a venire è pure una sfida alla logica, in quanto impedisce l'applicazione del principio di causalità e nega ogni determinismo nella coscienza. E il solo enunziare il pensiero fondamentale di questi psicologi fa comprendere come ogni principio sia per loro escluso da io profondo; giacché questo non è che la serie degli stati interni che si svolgono nella durata, sono pura qualità e si mostrano l'uno eterogeneo da altro; mentre gli stati che l'io empirico aliena da sè sotto il nome di mondo esterno si qualificano per essere essenzialmente spazio, identità, quantità. Ora sopra queste appunto si fonda ed ha impero la logica, perché su queste è pure fondata ogni vita sociale e scientifica. —
Ma più della pura logica è pernicioso lo spirito logico, con il suo bisogno di definizioni, classificazioni, separazioni nette e precise; onde la ridicola o manualesca divisione della psiche in volontà sentimento intelligenza, come se queste tre cose si potessero mai scompnare e riconoscere da sole. Gli psicologi logici hanno poi ridotto la psiche ad una esistenza frammentaria, negandole così il carattere suo fondamentale di progresso, di divenire continuo; errore questo derivato da una rifrazione del discorso parlato, che è spaziale tronco e logico, sul discorso interno che è temporale continuo e illogico; errore che ha fatto concepire la mente nel modo stesso con cui la fisica considera il mondo esterno, ossia come una riunione di atomi (idee, sentimenti, ricordi, volontà, ecc. che si riproducono e si ripetono formando con i loro vari accoppiamenti e con le loro differenti posizioni tutta la realtà psichica). La stessa tendenza logica dell'osservatore ha fatto sminuzzare la coscienza, ridurla a forme geometriche nette e determinate, toglierle tutta la impressione e la vaghezza del suo cammino; prese le forbici i logici si sono divertiti a tagliare agli stati di coscienza e gli aloni e le frange e tutte quelle semi¬oscurità e nebbie che sono tanto importanti quanto la parte più rischiarata della coscienza; quello che essi non vedono, negano, e la loro povertà o miopia serve di limite al reale; sono troppo precisi per essere esatti, perché le notazioni interne non si risolvono come problemi di meccanica; il semplicismo e la chiarezza son cosa assai utile nella vita sociale e scientifica, non già dove si tratta di questioni più complesse e di esistenze più ricche quale quella dello spirito nostro. —
Così per i bisogni sociali e per la soddisfazione del pensiero logico, è comodo sostituire alla sempre cangiante e spesso tumultuosa folla dei personaggi che agiscono e si agitano in noi, il cartellino nominale o la concezione astratta di carattere animo persona; è necessario per lo stato che io appaia venti anni dopo la mia nascita la stessa persona di quando vidi la luce, ed è piacevole per i logici che odiano la varietà, misconoscere la pluralità della mia psiche e il rapido fluttuare e scorrere di essa; logici e politici considerano in me soltanto la parte spaziale - e scambiando il palcoscenico per l'azione che vi si rappresenta, definiscono come unità reale quella che non è se non unità drammatica dell'anima. —
Dai pregiudizi psicologici che ci hanno mantenuti per tanti
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anni sotto il giogo dell'associazionismo, quando non sotto quello ancora piú ridicolo della psicofisica, della psicologia fisiologica e sperimentale, che coi suoi gabinetti 1
1 In Italia pure si va scimmiottando la Germania e l'America con la creazione di gabinetti di psicologia, sfogo alle vanità professorinali e studentesche, fucine di quelle tesi e di quei lavori di filosofia che hanno il molto modesto e borghese fine do guadagnar la pagnotta a spese dello stato; come mi confessava uno del beniamini di un certo professore d'università italiana.
non è riuscita a farci sapere nulla che importi o che non sia materia di opinione — passiamo a quelli vitali, soprattutto al massimo, a quello della contraddizione.Mi dispiace per i piccoli spiriti che si trovano a loro agio in questo facile gioco logico, ma la contraddizione non esiste che in quanto noi la poniamo nelle cose per mezzo di nostre definizioni [cfr. Mi¬ I.HAUD: Essai sur la certiiude logique]; due cose od idee dette contraddittorie o coesistono nello stesso tempo o sono due momenti della realtà; ma nel primo caso non possono dirsi contraddittorie, perché coesistono senza escludersi, e perché il fatto come tale è innegabile; nel secondo la loro contraddizione (colta, ben inteso, da uno spirito di fuori da loro) non è che apparente, perché una di esse è passata, l'altra presente, e quindi non altro che un segno di progresso, di cambiamento, non già di contraddizione; il curioso è questo che mentre si ammette generalmente che le cose mutino, si vorrebbe invece che gli uomini restassero tali e quali; se un fiume oggi è chiaro, domani torbo, in primavera ricco d'acque, nell'estate secco nessuno lo dice contraddittorio; se però un uomo osa esser la mattina cattolico e la sera ateo non gli manca subìto la riprovazione sociale e la taccia di mancar di carattere e d'essere una banderuola. L'accusa merita di esser notata per conoscere l'origine del pregiudizio della contraddizione; il quale appare provenire chiaramente da una preoccupazione sociale democratica; si è dato dalle collettività valore agli uomini di «carattere» «tutti di un pezzo» perchè la loro azione è certa e prevedibile con facilità: perchè il commercio, la politica, esigono necessariamente che le promesse fatte siano mantenute; e quindì a lato alle disposizioni di legge che puniscono le mancanze di fede ecc. si è formata una anonima e collettiva pena per chi si trovasse in disaccordo con i sopraccennati bisogni sociali. Vi si unisce il pregiudizio democratico che è l'odio del cambiare, e lo scandalo per l'originalità; odio e scandalo che tendono ad abbassare tutto ciò che è geniale, perchè il genio può dirsi il luogo ove si manifestano in maggiore quantità e in più profonda intensità i fatti nuovi, i miracoli.
Il cadere in contradizione presenta così due lati o due valutazioni differenti; l'una, collettiva, che è di biasimo, di disprezzo e di riso, manifestazione di un odio segreto: l'altra individuale che l'apprezza perchè significa cangiamento, continuo acquisto e ingrandimento, numero maggiore di vite, larghezza di esperienze; ed a questo strettamente si associano il dilettantismo, il quale nella sua più alta e anti-borghese espressione significa che le nostre attività devono essere strumenti di godimento, di gioco, non già padrone della esistenza e ossessioni finaliste — e lo scetticismo, concezione questa in aperto contrasto con la collettiva e pratica che ha bisogno di fede e di ignoranza per prescriverci l'azione: la quale significa non altro che visione di un'unica strada, quindi povertà di cognizione e fantasia, e caduta nel solito comunissimo e necessarissimo errore della scoperta della verità assoluta.
(continua)
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