Leonardo

Fascicolo 4


L'ultima insidia di Circe
di Ernesto Macinai
pp. 7-8
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Tous les élégiaques sont des canailles
LECONTE DE ISLE


La formula che risolve tutta la letteratura moderna si compendia in una sola parola: Sentimentalismo.
   Non c'è libro che veda la luce in terra italica o di Francia che non sia almeno in parte lo sfogatoio di questo triste morbo della Società contemporanea: Sentimentalismo isterico elegiaco passionale; il quale altro non indica che un rammollimento ed una spossatezza della fantasia, una confusione di sentimenti falsi o logori, un continuo strimpellare di chitarre al chiaro di luna per ignobili vie. Il sentimentalismo, questa parola astratta, che non significa nulla e che pure segna una così straordinaria impronta nella società contemporanea non è che la quintessenza della gracilità della miseria e della povertà degli animi. Ogni sentimento che è andato invecchiando o «dismagandosi» va ad aumentare i gavoccioli della nuova peste borghese. Così il trionfo di ogni anima superficiale incapace veramente di pensare e di sentire ha trovato, nel generalizzarsi di quel suo carattere di povertà, il più sicuro sostegno. Provatevi ora a trovare in uno solo dei libri che hanno veduto la luce in questi ultimi tempi un sentimento forte, delle bellezze succose; qualche cosa insomma che li distingua fra loro e che non sia la solita più o meno inzuccherata sentimentalità.
   Poiché noi non vediamo che ciò che sappiamo animare e quindi creare, poiché ogni verità non è che la nostra verità, ed i più sono assolutamente incapaci dí crearsi una vita che non sia mediocre, è naturale che volendo essi esprimere dei sentimenti non da loro provati, li affievoliscano, li rendano conformi alla loro inconsapevole anima. E poiché della vita ampia e molteplice, rumoreggiante intorno a noi come un mare in tempesta, essi non possono rinchiudere nel breve cerchio dei loro sensi indeboliti che fievoli sensazioni, per quanto possano riuscire a compendiarle sinteticamente, ogni loro riflesso sarà povero e comune. E poichè una delle contingenze della vita, l'amore, sana e bella melanconia in noi, ha per loro gioie più facilmente afferrabili, hanno fatto dell'erotomania elegiaca il diapason di tutta la letteratura.
  La materia per cui quasi tutti i libri di poesia e di prosa contemporanei si potrebbero ridurre ad un solo è l'amore. Il quale amore ripetuto in tutti i toni, guasto dalla retorica, disonorato dagli imbecilli, per quanto si ammanti di frasche estetiche o afrodisiache è divenuto ormai uno di quei luoghi comuni che ci nauseano di tedio e di noia invincibili. Tutte le frasi fatte, tutto il senso comune dell'amore che la povertà e mediocrità degli animi è andata immagazzinando da innumeri anni, forma l'unica materia degli infiniti libri che si stampano. Non altro; tutto ciò che le opere d'arte racchiudono come un'essenza che dovrebbe essere spremuta vigorosamente da ogni manifestazione della vita è sempre lì: Amore, Amore, Amore. E quale amore; lo sciocco amore che balza fuori dalle lettere di Vinicio a Licia e da tutta l'altra nauseante gleba romanzesca del Sienckiewicz; non l'amore che guizza che arde che strepita come una fiamma inestinguibile, non la violenza della passione che tutto pervade un corpo pieno di desiderio, ma un amore dolce-elegiaco, per un terzo di chiari di luna e per due terzi di senso comune. Se poi immonde pozzanghere riflettono qualche triste raggio afrodisiaco, qualche sconcezza elegante, qualche oscenità accarezzata, allora l'autore ha la fama sicura. Non forse uno dei più importanti giornali quotidiani ci ha annunziato seriamente, la resurrezione di Stecchetti che noi in buona fede credevamo da un pezzo morto stramorto e putrefatto?
   Così tutti i pensieri ed i sentimenti che l'arte innalza a simbolo della vita, sembra che non debbano essere se non le frollaggini, più o meno ebeti più o meno vecchie e sfruttate, di una sola parte della coscienza moderna. Sembra che grandi e piccoli non vedano altro non osservino altro, non palpitino per altro. È dunque proprio questa la sintesi della nostra più esuberante ed intensa vitalità, l'unica manifestazione possibile del nostro spirito?
   Alcina, Salenica, Melusina le antiche belle maliarde hanno perso tutta la virtù dei filtri e delle loro subdole bevande. Esse non sanno più darci nella ricchezza voluttuosa della loro lascivia la dimenticanza del mondo, tramutandoci con un solo sguardo i più tristi erebi della vita nei più rigogliosi paradisi di speranze. Ma Circe, l'insidiosa Circe, ha ancora saputo opporsi alla comune perdita con il più solenne inganno. Non potendo darci la dimenticanza delle necessità e dei dolori ella ha disciolto nei nostri calici l'ultimo filtro onde ancora c'è chi sdilinguisce nelle più ridicole elegie: il senso comune. Tutto ciò che prima possedevano solo le donne ora la Maga antica ha spremuto con vigoria nell'animo nostro, ove s'è gonfiato talmente che già rigurgita, trabocca, straripa.
   La creatura perfida e bella che la nostra giovinezza voleva cantare nei giardini di amore, la donna di cui sentivamo il più inestinguibile bisogno, colei che doveva consumarci dissanguarci esaurirci il corpo per cooperare allo sviluppo del nostro intelletto ha piegato, con più agevolezza del leone sotto il domatore, di Ercole agli umili lavori di Onfale, il nostro spirito alle false necessità della sua debole anima.


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  Contro l'opprimente vacuità ed insulsaggine del sentimentalismo che tutto inabissa come un mostruoso pantano bisogna non più disprezzo, ma violenza, infiammata atroce violenza. La vita non è per noi così misera e ristretta da non offrire altre gioie se non quelle che può darci l'amore; esso non è che una delle infinite bellezze dì cui è opima la favolosa ricchezza della nostra realtà. Perché dunque non tentare di ingrandire il nostro animo nell'avidità di tutti i tesori? Perchè essere desiderosi di una sola gemma, di un solo aroma e non di tutte le ricchezze di tutte le efflorescenze dei regni della Chimera? Se pure l'aroma che spira da tali fiori non è ormai svanito nell'aria mefitica della nauseabonda volgarità e se può avere ancora pregio una gemma che ha perso completamente la sua rarità.
   Chi aspira la fragranza di un fiore in un fetido pantano, può qualche inesatto profumo consolarlo di tutta la nausea ch'egli dovrà sopportare? Ora altre cose belle, ineffabilmente belle e gaudiose, fluttuano nella melanconia della vita; infinite tele di deliziosi sogni, a traverso le tristi e dure necessità, schiude il desiderio per la nostra arte e la nostra giovinezza; noi non dovremo averne che la brama impetuosa perchè subito la nostra tristezza si disperda nelle magiche selve e si innalzi fino alla più alta azzurra serenità la nostra gioia trionfale, frenetica.
   Quando la nuova gagliarda e fremente giovinezza tornerà a nutrirsi di succhi veramente vitali così che ricominci ad attraversarla un sangue ribelle e sanissimo? Quando essa ci darà il romanzo originale il nuovo dramma, la fresca poesia in cui sarà tutta la vita la vera vita, la vita intensa e solida, una e molteplice, del sovrano sogno e della piena realtà e non le sole stupide "sonolegie„ dell'amore? Quando anzi ella ci darà per reazione l'opera in cui spezzata la fatalità ultima di Circe, non entreranno più nè le donne nè l'amore?
   Basta con questo strimpellar di chitarre, o noi vi strapperemo le corde!


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