Donna
Pubblicato in: Il nuovo Corriere della Sera, anno LXXXII, fasc. 208, p. 3
Data: 1 settembre 1957
pag. 3
Dio parlò.
— Non è bene che l'uomo sia solo.
E non essendoci tra gli animali un compagno degno di lui ricavò dal petto del dormente la donna. Nata da una ferita la donna è l'eterna ferita dell'uomo e, quasi per memoria della sua origine, dodici volte all'anno fa sangue.
Una ferita mai rimarginata, che si chiuderà soltanto nella nuova terra, quando gli uomini non si sposeranno e le donne non andranno a marito. Una ferita che si riapre più viva ogni volta che l'uomo non è svegliato, ma dorme di sonno profondo, come nel giardino d voluttà. Quando l'uomo è meno uomo, quando la sua maschilità — ch'è il pensiero — s'è assopita, allora la donna lo vince e la ferita è più profonda. Per fermare il sangue che goccia l'uomo costringe la donna a una restituzione: la forza a produrre un nuovo uomo. I sangue non stagna che per la maternità e perciò ogni uomo rispetta su tutte le donne la madre, quella che per lui cessò, un tempo, d'essere una ferita sanguinante.
Eppure, come tutti i guerrieri, l'uomo ama la sua ferita. L'ama fino al punto di odiarla, perchè l'odio non è che la vigilia o l'indomani dell'amore. L'ama in quanto ricordo della sua felicità e l'odia come ricordo della sua caduta.
La donna è la sola reliquia vivente che ci resta del Giardino Perduto. Nei suoi occhi di pace ricerchiamo i riflessi dei quattro fiumi che recingevano d'acque diamantate il gran carcere verde: sopra le sue labbra ci sembra di riassaporare la polpa dei frutti permessi; nel suo sorriso rivediamo come una luminescenza del sole vergine delle prime giornate; e nella sua voce risentiamo un'eco del primo usignuolo che consolò le notti della felicità. Stringendola al petto cerchiamo la carne di cui fu fatta, la carne nostra, quella non ancora guasta dal peccato. Toccandola ci illudiamo di toccar nuovamente la terra del Paradiso. Ogni donna giovane sembra che porti su di sè l'odore e la luce di un altro mondo, e certi momenti sembra una forestiera appena giunta alla città dell'esilio, nè abbia ancora scosso la polvere della strada e l'ombra della nostalgia. L'uomo ama in lei la patria che non ha mai veduto — la più cara di tutte le patrie. Ma il sasso spento che cade sulla terra nelle sere d'agosto cosa ha di comune colla stella che scintillava, prima di frantumarsi, nel cielo? E come ritroveremo la felicità perduta in quella che fu condannata insieme a noi?
Per lei avvenne la frattura dell'innocenza nella dualità del bene e del male; per lei l'uomo fu condannato alla morte e per mano del suo primo nato apparve sulla terra l'assassinio. E insieme alla madre di Caino rammentiamo la tosatrice di Sansone, la martellatrice di Sisera, la decollatrice di Giovanni, la nemica dei forti e dei santi. E' quella che ascolta soltanto la passione e non riconosce la legge, sia decreto d'Iddio o codice dell'uomo. Eva crede al serpente che promette e non crede a Dio che vieta. L'uomo è decaduto in quanto ha ubbidito alla donna. Per riconquistare la sua patria vera deve disubbidire la donna. Ritrovare il paradiso fuori di lei, contro di lei. Negare in se la donna, sormontare quel che ha di femmminino nella sua natura.
E anche questo è un pericoloso rischio. Se la grandezza dell'uomo sta nella volontà e nel pensiero, la forza della donna risiede nell'affetto e nell'intuizione e non c'è vero genio senza amore e ispirazione. La donna sente più e più fortemente di noi ma non sa distaccarsi dal suo patire e dal suo godere tanto da poterli manifestare coll'arte: l'uomo sa pensare l'universale e inalzarsi alla pura contemplazione del particolare e dell'unico ma spesso s'impruna nelle steppe verbali, perde il senso della vita viva e si raggela nelle glacialità dell'astratto. Per comprendere Iddio e la sua veste, ch'è il mondo, è necessaria la mente dell'uomo; ma per amarlo sia dato a noi tutti il cuore della donna. L'uomo tutto maschile è un pilastro di bella pietra che s'alza al cielo; la donna soltanto donna è una fiamma che non ha consistenza ma può salire più in alto. Dio vuole una colonna che abbia la saldezza del marmo e la bellezza dell'incendio. La perfezione è nell'uomo grande che ha in sè il meglio della donna o nella donna ch'ebbe anche i doni dell'uomo. Uomo e donna, liberi dalla voluttà, devono unirsi in un matrimonio superiore, matrimonio di spiriti, che li farà divenire non già una sola carne ma un'anima sola. Qualche indizio di questa immedesimazione lo intravediamo nel genio e nella santità. Il poeta, tutto passione, e il santo, tutto sacrifizio, hanno della donna; e le più perfette tra le donne somigliano per la fantasia e la freschezza agli artisti e sanno adorare come i santi, e godere il martirio, anche se il loro Dio è uomo soltanto e nulla più.
Come i poeti e i profeti le donne vomitano i tiepidi e son più profondamente loro stesse nella pericolosità degli estremi. Perciò attraggono gli uomini, spesso quadriscritti nelle mediocrità della pratica e rattrappiti nelle corazze del pensiero.
La donna, secondo i giorni, appena il troppo le basta oppure trova il superfluo nel nulla. Può essere ubbidiente come la lima in mano al fabbro o indocile come il vento sul mare. Butta giù una foresta per fare una giannetta e sa improvvisare una casa in mezzo al deserto. E' capace d'accendere un lume a mezzogiorno ma la notte ha sempre un po' di sole che ha messo dapparte durante il giorno. A volte è come una colomba cattiva che fa sanguinar la mano che le porge il becchime e a volte disseta l'assassino col sangue stesso che sgorga da lei sotto il coltello. Se una meretrice è rinverginata dalla Grazia può salire alla santità e una vergine caduta può talmente abbandonarsi al male da far ribrezzo anche ai satiri. Può apparire la bestia capelluta dalle tre porte o la redentrice che porge la mano ai péllegrinanti verso il terzo cielo.
Avanzo del paradiso e fornitrice dell'inferno, ferita dell'uomo e sanatrice delle piaghe, fanciullo malato o creatrice di poemi sofferti più armoniosi di quelli in parole, vaso di tutti i desideri e redentrice degli eroi, baccante sfrenata e serva estatica dei santi, schiava di un ilota o padrona dei re, la donna può esser natura bruta fino all'ignominia o spirito sollevante fino all'eternità. Ispira il terrore agli amanti giovinetti ed ai vecchi anacoreti delle tebaidi; fa sorgere la bramosia del suo corpo nel villano terroso e nel genio sognante; e gli stessi occhi che sorrisero a Barabba piangono sui crociferi che salgono al Calvario.
In lei c'è una doppia postulazione, egualmente forte, verso la demonialità e l'angelità. E' l'eterna tentatrice tentata che può far del vile un eroe e del puro un dannato: un nulla che può assumere ogni forma e una totalità che può dissiparsi in polvere. E' un pezzo di terra che può diventare statua rifulgente o feticcio e il suo scultore si chiama — l'Uomo.
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