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Parlo di Papini, e soltanto di lui, astraendo dall'ambiente in cui vive e lavora, per una ragione facile a scoprirsi. Non mi occupo di nessuno dei componenti il gruppo dei poeti chiamato di eccezione, nè di altri gruppi più meno attivi, per stabilire confronti e misurare altezze, perchè Papini ha vissuto sempre in un doloroso isolamento - anche quando faceva la sua rumorosa esperienza futurista - davanti al dramma delle volontà e delle coscienze.
Il Serra lo ha visto di scorcio, e l'ha preso fuori di fuoco, proprio sotto il punto di vista del suo contenuto, straricco e audacissimo in confronto della sordomuta sensibilità comune che ha voluto farcelo vedere in gruppo.
Io voglio dare lui, lui solo, ora che si ringiovaniscono e si riuniscono le sue energie di spirito vigile ed alacre.
Vale per me, questa impresa, non solo come determinazione del particolare e speciale valore e significato dell'opera di Papini, ma come un tentativo di conquista per una decisiva liberazione. Ma, diceva Pascal, tu non mi cercheresti, se non mi avessi già trovato. E allora, ecco qua: mi faccio delineatone di un'anima che amo per l'energia nuova
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che il suo esempio ha infuso in me e in tanti altri giovani i quali per somma riconoscenza tentano di sputargli addosso; l'onestà è virtù, nella prova, invilita e scaduta. Ma questo “scuotitor di dormienti” può restar sereno: è troppo abituato a passare a nuoto le cloache. Egli sa che
mal s'affida a putridi nepoti
l'onor d'egregie menti,
perciò non poserà ancora il bastone. E sarà bene.
◄ Un costruttore: Giovanni Papini