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Al racconto di una storia concorrono molti elementi. Intanto, quando è una storia di uomini, occorrono delle date. Nella storia della Vallecchi e del suo genio fondatore, Attilio, non è facile fissare una data. 1903: dalla piccola tipografia di via Pietrapiana in Firenze, strappata al fallimento dal giovane Attilio, escono le riviste "Il Leonardo" e "Il Regno" sotto la firma «Stabilimento tipografico della Biblioteca di cultura liberale». Nel '13 è la volta di "Lacerba", che Attilio stampa e finanzia, così come avviene per le edizioni della "Libreria della Voce". Ma la sigla «Vallecchi Editore» compare per la prima volta su una lettera a Giovanni Papini datata 14 luglio 1919, anno in cui Attilio annuncia ufficialmente la nascita e i programmi della sua azienda.
Per la storia di una casa editrice serve poi un criterio e, nel caso di Vallecchi, un criterio è assai difficile da stabilire. Troppi i titoli, le riviste, i quaderni, le edizioni collaterali.
Bisognerebbe poi dar conto di tutti gli autori, delle relazioni tra di loro e tra questi e l'editore, degli illustratori, dei redattori. Ma per i tipi della Vallecchi è passata buon parte della cultura italiana.
Insomma la materia è ricca, vasta, complessa. Troppo per racchiuderla in un solo volume e, pur riconoscendo che molteplici aspetti di questa vicenda umana e culturale sono già stati oggetto di approfondite trattazioni, neppure sempre univoche, siamo convinti che tale complessità potrebbe ancora dare spunto a nuove e forse più complete direzioni di ricerca.
Quello che a noi preme oggi è altro. Al compiersi di un secolo dall'inizio di quella avventura e nel momento in cui ci siamo impegnati a ridare vigore ad uno dei marchi più illustri dell'editoria italiana, riteniamo indispensabile rivalutare gli elementi di vitalità, di attualità di questa esperienza e da questi ripartire.
La storia che qui si intende raccontare è quella della vita stessa della cultura, dell'arte e del costume italiano del '900, attraverso il filtro di una impresa che ha grandemente contribuito a costruirla. Ha contribuito a tal punto che al cenacolo di ingegni che si
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riunì a Firenze intorno al giovane Attilio può ben essere attribuito il merito di aver creato il clima, le premesse per quel complesso di esperienze che hanno fatto la cultura italiana dello scorso secolo. Di aver, in buona sostanza, "inventato" il '900 italiano.
Come si diceva non si tratta, però, di una operazione archeologica: gli elementi originali scaturiti tra i caffè, le riviste e le stamperie fiorentine dí allora costituiscono ancora oggi i caratteri distintivi della migliore cultura italiana.
Elementi così densi meritano di essere trasmessi nella maniera più immediata, più fruibile, più comprensibile. Per farlo non servono dettagliate esegesi, servono delle suggestioni.
È per questo che abbiamo chiesto ad un narratore particolarmente originale di strutturare questa suggestione in forma di parole. Ben lieti di affidarne il vivido tratteggio alla penna di un giornalista di così forte comunicativa ma anche scrittore di grande sensibilità intellettuale, che sappiamo appassionato collezionista di rarità vallecchiane.
A lui va il merito per aver colto l'essenza, lo spirito di questa storia, e a tutti quelli che hanno collaborato nel reperire, selezionare e organizzare il ricco materiale qui raccolto va la nostra gratitudine.
Ci auguriamo, con questo lavoro, di aver dato un contributo alla costruzione della memoria collettiva del nostro Paese ed aver fornito, al contempo, la nostra dichiarazione d'intenti.
L'EDITORE
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